Ligabue Antonio. Zurigo (Svizzera), 1899- Gualtieri (Reggio Emilia), 1965. Pittore, scultore, disegnatore. All’anagrafe di Zurigo viene registrato col nome di Antonio Costa (cognome della madre non sposata). Bonfiglio Laccabue, nato a Gualtieri ma emigrato in Svizzera, gli darà il suo nome, rendendolo così anche cittadino di Gualtieri. In Svizzera frequenta le scuole elementari con molta difficoltà. Nel 1913 manifesta i primi disturbi nervosi e viene affidato a un istituto. Nel 1915 è espulso dall’istituto e rimane a Staad con la famiglia fino al 1917. Dal 1917 al 1965 (anno di morte) verrà ricoverato in vari istituti psichiatrici. Nel 1919 viene espulso dalla Svizzera su denuncia della madre e inviato in Italia. Nel 1921 lavora a Gualtieri come giornaliero. Comunica solo in svizzero-tedesco. Col trascorrere degli anni aumenta sempre più il suo isolamento, ma tra il ‘27 e il ‘28 conosce Mazzacurati, Mozzali, Bartolini e il flautista Ferretti, che si accorgono della sua abilità di disegnatore. Solo dopo il 1948 comincia a vendere i propri quadri: espone per la prima volta nel 1949, alla Mostra Nazionale del Paesaggio Reggiano di Reggio Emilia, dove vincerà il Premio Banca Agricola Commerciale. Nel 1961 si inaugurano le sue prime personali, seguite l’anno dopo da una mostra a Guastalla. Muore al ricovero Galli di Gualtieri il 27 maggio 1965, mentre a Reggio Emilia era in corso un’antologica delle sue opere. Numerosissime le mostre postume. Molti importanti critici – fra i quali Cesare Zavattini, Mario De Micheli, Marzio Dall’Acqua e Augusto Agosta Tota – scrivono sulla sua opera. La sua pittura – considerata talora, riduttivamente, naif oppure “primitiva” e caratterizzata da una grande forza espressiva – è incentrata sulla rappresentazione di animali domestici e selvaggi inseriti entro paesaggi agresti, ritratti e, soprattutto, autoritratti con fondali naturali. Bibl.: Antonio Ligabue. Mostra Antologica. (Roma, Antico Carcere Minorile, Complesso Monumentale di San Michele a Ripa), Parma, 1999; Toni: Antonio Ligabue raccontato da Cesare Zavattini (Mantova, Casa del Mantegna), Milano-Parma, 2000 (con bibliografia precedente)
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